Strutture di cura “low cost”, con scarse qualità professionali e materiali scadenti. Da quando sono nati, i centri odontoiatrici aggregati hanno ricevuto numerose critiche, insieme ad attacchi normativi mirati a tagliare le gambe delle iniziative imprenditoriali. Per fronteggiare gli stereotipi e migliorare allo stesso tempo l’assistenza, è stata istituita nel 2016 l’Associazione Nazionale Centri Odontoiatrici (Ancod), che oggi conta le cinque più importanti realtà aziendali di odontoiatria organizzata (DentalPro, Centri Dentistici Primo Caredent, Gruppo Dentalcoop, Bludental Clinique, HDental).
Numeri alla mano, i referenti dell’Ancod, in un evento organizzato oggi 7 novembre al Ministero della Salute, delineano un comparto solido che offre occupazione e una formazione continua degli specialisti impiegati. Qualità, innovazione, accessibilità e trasparenza sono i valori che l’Associazione vuole trasmettere attraverso i 570 centri distribuiti in tutta Italia, dove lavorano 7mila medici odontoiatri e 8mila dipendenti. «Abbiamo l’obiettivo di rappresentare gli interessi del comparto presso le istituzioni, per sensibilizzare l’opinione pubblica in merito al nostro mondo e alle nostre capacità», spiega il presidente di Ancod, Nicola Spadafora. Ma soprattutto per l’Associazione è prioritario fronteggiare le diverse proposte normative, succedute negli anni per colpire i gruppi organizzati.
«Vogliamo contrastare – dichiara Spadafora – le iniziative che a livello istituzionale rappresentano dei tentativi di minare il mercato e le nostre imprese. Desideriamo crescere in una logica di miglioramento delle prestazioni sanitarie a beneficio dei pazienti, dei lavoratori, delle aziende e del Paese. Le società che rappresentiamo – aggiunge – esercitano sotto forma di società di capitali ma negli ultimi anni si è cercato di cambiare e restringere la concorrenza rappresentando, come unica forma associativa per l’esercizio della professione, le società tra professionisti con l’obiettivo di escludere le società di capitali. Ciò rappresenterebbe la fine della nostra attività e violerebbe i principi a livello nazionale ed europeo».
«Sono molto attento ai cambiamenti e credo sia importante non farsi assorbire dalla ordinaria amministrazione», suggerisce il presidente della commissione Affari Sociali del Senato, Francesco Zaffini, che pone fra le priorità della legislatura la riorganizzazione della sanità integrativa. A carico dei cittadini, secondo la Corte dei Conti, nel 2022 sono stati registrati oltre 37 miliardi di euro per la spesa sanitaria out of pocket e 23 per quella assistenziale.
«In tutto sono 70 miliardi di euro, poco meno della metà del fondo sanitario nazionale – rileva Zaffini -. Nella cifra è compresa la parte per la prevenzione e per l’odontoiatria. A mio avviso, riformare la sanità integrativa è fondamentale, la mia commissione racchiude queste materie e spero di poter completare la riforma che prevede l’integrazione della sanità dentale».
Dalla sua nascita ad oggi, gli studi dei marchi associati ad ANCOD hanno “curato oltre 3 milioni di pazienti ed erogato più di 10 milioni di prestazioni. Il fatturato delle aziende è di 800 milioni di euro, vale a dire l’8% del mercato”, ricorda il responsabile del comitato medico-scientifico dell’Associazione, Samuele Baruch.
I driver di sviluppo del settore sono, secondo il fondatore della società che compie ricerche di mercato Key-stone, Roberto Rosso, «la domanda connessa alla demografia italiana, la tecnologia che sta cambiando e consente di fare una diagnosi più attenta e sicura. Questo permette una maggiore sostenibilità economica e un orientamento a riabilitazione duratura ed estetica”.
Da quando i centri sono nati, le critiche riguardo in particolare la qualità delle cure sono da subito fioccate. «Siamo stati attaccati – continua Baruch – su vari fronti: materiali scadenti, professionisti poco esperti, bassi standard di cura, centralità del profitto. La verità invece è che abbiamo gli stessi fornitori usati dagli studi odontoiatrici, facciamo delle economie di scala che permettono dei vantaggi economici, in ogni azienda c’è un comitato clinico che controlla gli standard, i medici odontoiatrici sono specialisti nelle diverse branche, i giovani sono affiancati e il monitoraggio delle prestazioni è continuo perché si collabora in un team. Confidiamo che nel tempo le fake news vengano smontate».
Dei costi delle tecnologie per mantenere alti gli standard parla Pierpaolo Sileri, componente del comitato medico-scientifico di Ancod e ordinario di medicina dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. «Per dare una terapia personalizzata a un soggetto – afferma – bisogna farlo in maniera aggregata perché la tecnologia costa molto. In ambito odontoiatrico questo è ancora più vero che in altri ambiti. Fare sistema consente di raggiungere gli obiettivi e le forme associative permettono di stare nel sistema. Pensare di tornare al passato invece è anacronistico».
Chi ammette di aver cambiato giudizio sui centri odontoiatrici organizzati è Enrico Gherlone, Magnifico Rettore dell’Università Vita e Salute del San Raffaele di Milano e consigliere del ministro della Salute per l’area odontoiatrica. «Ho avuto l’occasione – rammenta – nel terzo governo Berlusconi di avere la delega all’odontoiatria per il ministro alla Salute di allora e mi sono occupato a 360 gradi del tema. Fino ad allora ero contro l’odontoiatria organizzata: vedevamo trattamenti gonfiati, poche garanzie e una pubblicità indecorosa. Oggi non sono l’eccellenza della sanità privata, ma le catene sono una delle eccellenze di cui tener conto. E non è vero – conclude – che come una volta c’è scarsa qualità».
Fonte
Odontoiatria33
http://www.odontoiatria33.it/